Nella Piazza Duomo di Milano ogni segno architettonico, anche minimo, acquista un valore monumentale che va oltre lo specifico programma originale delle singole architetture e figure spaziali.
Il progetto per il futuro Museo del Novecento, proponendo il collegamento tra i due corpi dell’Arengario, vuole rivelare, come in uno specchio, trasparente e insieme plastico, il prestigio storico che permea il contesto rimarcandolo come unitario complesso artistico di alto valore storico e culturale.
La struttura a membrana proposta per il collegamento delle due torri dell’Arengario è la figura di maggiore visibilità dell’intervento. Nella leggerezza, trasparenza e “neutralità” dialogica del suo linguaggio visivo, il progetto sviluppa morfologie dal disegno classico; i materiali contemporanei dell’acciaio e del vetro si pongono in rapporto riguardoso con la forte opacità muraria del novecentista Arengario; la grafia compositiva delle trasparenze richiama i tratti gotici degli ornamenti del Duomo; le membrane spaziali attraversate dalla luce rimandano alle coperture della Galleria Vittorio Emanuele II.
Tutti questi elementi progettuali configurano il collegamento dei due corpi dell’Arengario come un rispettoso commento alle articolate frammentazioni storiche e linguistiche della Piazza, di cui propone, sempre secondo intenti dialogici, di portare a compimento la matrice mengoniana raddoppiando, pur con discrezione e a una scala minore, la tipologia della Galleria.
La struttura del collegamento, senza nulla concedere a virtuosismi formali, viene così a configurare uno spazio cui si potrebbe per questo dare il titolo di “Passaggio Novecento”, intendendo il termine “passaggio” come la traduzione del francese “passage” della Parigi dell’Ottocento che inaugurò la fortuna delle gallerie commerciali urbane introducendo la copertura in ferro e vetro di talune strade.
Dato il contesto monumentale in cui interviene, il progetto per il nuovo Museo del Novecento deve innanzi tutto misurarsi con la delicatissima risposta che l’architettura è chiamata a dare là dove dialoga con strutture e presenze architettoniche di alto valore simbolico. Nella copertura e nella fronte dei percorsi di collegamento si è perciò deciso di applicare la matericità trasparente che ha guidato alcuni intelligenti progetti su edifici e luoghi storici, quali il Reichstag di Berlino e il nuovo ingresso al Museo del Louvre.
Il nuovo segno architettonico non si pone dunque come interferenza o arrogante aggiunta ai segni monumentali storici. Piuttosto, risulta come un commento sospeso e astratto al valore del contesto – un commento che suona anche quale omaggio alla tradizione contestualista della grande architettura milanese del Novecento, maestra di dialogo tra nuovo e continuità storica.
Programma museologico
I percorsi di collegamento su tre livelli garantiscono grandi vantaggi al nuovo Museo, poiché permettono connessioni senza soluzione di continuità tra gli spazi espositivi. Con essi si facilita una completa interazione nella gestione del racconto artistico distribuito nei due distinti edifici, i cui spazi potranno essere organizzati secondo i diversi indirizzi e percorsi museografici prescelti.
La proposta, oltre che favorire una estrema elasticità nel racconto espositivo, consente di collocare gli accessi sia esclusivamente nell’Arengario 1, sia in modo distinto con entrata e uscita dai due edifici del Museo, rispondendo alle diverse forme scelte dal pubblico per la visita, che prevedono tanto l’ingresso gratuito a talune specifiche aree museali, quanto l’ingresso con biglietto per accedere alle collezioni storiche e alle mostre temporanee.
Le opere, grazie all’estrema flessibilità del racconto artistico assicurato dal sistema di collegamento su tre livelli, possono essere esposte in sequenza storico- temporale tra i due Arengari, ma anche con variazioni nei percorsi là dove si volessero mostrare accostamenti tematici, genealogici e analogici, guidando i visitatori in percorsi differenziati. L’abbinamento di racconto storico, racconto genealogico e racconto analogico nel percorso espositivo risulta peraltro in molti casi necessario, data la compressione storico-temporale del Museo, centrato sul Novecento e sugli esordi del XXI secolo. (L’intreccio dei diversi racconti temporali diventa protagonista nel caso delle mostre tematiche, che, come indicato nel bando concorsuale, in particolare per l’Arengario 2 prevedono allestimenti in continuo rinnovamento.)
Spazialità artistica e funzionalità architettonica
I collegamenti a passerella tra i due corpi dell’Arengario, integrati nella spazialità a membrana della parete e della copertura, risolvono l’efficienza funzionale del programma museologico in un disegno che a sua volta assimila e commenta la straordinaria lezione dello spazialismo novecentesco, plastico, scultoreo e visivo, che ritroviamo in molte opere dello stesso Museo, come rimarcato anche dalla figura modulare del cerchio che ritma l’insieme della circoscrizione spaziale trasparente a membrana la cui figura, moltiplicata dalla luce, si proietterà sull’insieme delle superfici architettoniche esterne e sullo spazio sottostante pubblico.
La copertura vetrata, che completa la stereometria del volume aperto tra i due edifici storici, rende il luogo adatto all’esposizione di sculture e installazioni artistiche anche di grandi dimensioni. Il “Passaggio Novecento” viene così a sottolineare il continuum tra interno ed esterno del Museo, una estensione giustamente richiamata nel bando di concorso (tanto che il progetto suggerisce di prolungare il continuum museale sul fronte di via Dogana con un efficace intervento progettuale plastico e segnico).
Il “Passaggio Novecento” così configurato identifica in modo molto eloquente l’area degli accessi del nuovo Museo. L’istituzione museale viene così ad acquisire una nuova, chiara immagine, nella quale il contenitore si presenta come annuncio già integrato al suo contenuto, rimarcando che in quello spazio urbano siamo al cospetto di un’opera d’arte totale, visiva, plastica, architettonica.
Il “Passaggio Novecento” può in tal senso essere visto anche come un “palcoscenico urbano”, simile alla discreta e tuttavia preziosa “neutralità” di una cassa scenica di teatro che accoglie le diverse rappresentazioni artistiche.
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TEAM
Antonio Corrado – STUDIO QUATTROASSOCIATI
Attucci Marco – progettista
Salesi Bruno Benedetto Antonio – progettista
Galmozzi Ferruccio – progettista
Corbani Fabio – progettista
Caron Ginette – consulente
Vitali Mariagrazia – consulente
Scaramelli Marco – consulente
Baio Fabio – consulente
Roche Guido – consulente
Belli Federico – consulente